Liverpool verso la finale di Istanbul. Il tecnico Benitez è pronto: "Ancelotti ha tanta qualità, ma noi ci proveremo. Potrebbe essere l'unica occasione"
LIVERPOOL (Gran Bretagna), 20 maggio 2005 - Lessico familiare. Prima di rinchiudersi nell’isolamento mediatico Rafael Benitez si apre. Ultimo incontro con i giornalisti, poi il silenzio fino alla conferenza stampa della vigilia, martedì a Istanbul. Dopo le tv e le radio, una saletta a mezze luci per concludere la maratona. Il tecnico del Liverpool abbassa la guardia, e la mette sul confidenziale. Spiragli autobiografici, finalmente si racconta come non ha mai fatto prima, in una stagione all’inglese, tutta self control e professionalità.
"Preferisco Ancelotti giocatore ad Ancelotti allenatore. Nel senso che vorrei vederlo in campo, mercoledì a Istanbul, invece che in panchina. Un Ancelotti giocatore con gli anni di adesso. Sarebbe meglio così, per il Liverpool". Sorride sulla battuta. "Ovviamente scherzo. E’ stato un grande giocatore, ed è un grande allenatore". Grande di Spagna, con il Valencia che ha spezzato il duopolio Real Madrid-Barcellona, Benitez è a un passo dalla leggenda in Inghilterra. Se all’Ataturk il suo Liverpool riesce ancora a sorprendere, come ha sorpreso Bayer Leverkusen, Juventus e Chelsea, "San Rafael" finisce diritto sugli altari di Anfield, accanto a Bill Shankly, Bob Paisley e Joe Fagan, la trinità del ventennio di gloria, dalla conquista del campionato inglese 1964 alla conquista di Roma, nella finale di Coppa Campioni 1984.
"Avevo la vocazione da ragazzino - racconta Benitez -. A 13 anni nelle giovanili del Real Madrid tenevo un registro con le pagelle della mia squadra. Voti a tutti i miei compagni, da 1 a 3 stelle. Ovvio che mi davo sempre il massimo, e risultavo il migliore della stagione". A 18 anni all’Isef di Madrid Benitez è giocatore-allenatore. Con i suoi compagni-studenti partecipa ai giochi universitari di Siviglia, e propone di andare tutti a letto presto, all’una di notte invece che alle 6 di mattina come gli altri goliardi rivali. "Incredibilmente, i miei compagni mi davano retta. Insomma, la mentalità da allenatore l’ho sempre avuta". Il resto lo fa il destino. Il ginocchio seriamente infortunato alle Universiadi del ’79 in Messico, un guaio che alla fine lo costringe a smettere nell’86, a 26 anni. Il segreto del successo, afferma, è in uno staff di bravi collaboratori che sanno dirti quando sbagli.
"Pako Ayesteran, il mio vice, è con me da 8 stagioni. Il coach Paco Herrera da 4. Non hanno paura di farmi notare gli errori". Non che Benitez sbagli molto, da 4 anni in qua. Certo, il 5° posto in Premiership e l’esclusione dalla Champions, a meno della vittoria sul Milan, gli brucia. "Era più importante, nel programma, che facessimo bene in Premier League. Ma adesso siamo in finale di Champions, e dobbiamo approfittarne al massimo. Dico sempre ai miei giocatori: è possibile che l’occasione non torni più, nella vostra carriera. Il Liverpool ha aspettato 20 anni". Giocatori del Liverpool rilassati, nell’allenamento a porte aperte ad Anfield. Stagione finita domenica scorsa, mentre il Milan si sfianca in campionato.
"E’ normale che i miei siano rilassati. Vedrete che lunedì e martedì saranno in tensione. Toccherà a me raffreddargli il sangue quanto serve per rendere al meglio in campo. Il Milan ha una rosa con la qualità in quantità. Dipende da Ancelotti: se contro il Palermo cambia gli uomini, arriveranno freschi quanto noi alla finale. Se invece giocano 7 dei titolari di Istanbul, allora sarà un vantaggio per il Liverpool". Il Milan ha i grandi nomi, ma il Liverpool, avverte Benitez, ha più fame. "Il Milan è favoritissimo, com’è logico per una squadra di campioni che domina il calcio internazionale da diversi anni. Noi abbiamo più fame di successo, la fame di chi sta aspettando da troppo tempo. Chi temiamo di più tra i rossoneri? Shevchenko è il più pericoloso, ma pensare a Shevchenko vuol dire rischiare di scordarsi di Maldini, Stam, Nesta, Pirlo, e tutti gli altri: Tomasson, Crespo, Inzaghi, non possiamo trascurare nessuno".
Il conto alla rovescia incalza. Benitez trascorre le ore che finiscono mercoledì a Istanbul guardando videocassette del Milan, pensando al Milan, a come sfruttare i punti deboli "che anche una grande squadra come il Milan ha". Provando e riprovando situazioni, tiri piazzati, schemi. Rilassandosi con il computer, e la famiglia. La moglie Montserrat ("Mi dice che non parlo altro che di calcio"), le figlie Claudia (6 anni) e Agatha (2). "Parlano sempre di calcio anche loro. Agatha mi ha chiesto dove andavo stamattina. Ho detto: a lavorare. E lei: non è vero, papà, vai al football".