100 volte Totti: la Roma celebra dieci anni di goal del suo unico capitano
Lun 04 Ott, 1:22 PM
Totti sta in poltrona e sfoglia un libro, apre la prima pagina e legge: "Sommario" E risponde: "Bella!!...So' Francesco..."
Anche Toldo (altro Francesco), sorride (il suo é quasi un ghigno di impotenza, appena accennato), ma stavolta non é una barzelletta. Sembra dire..."Mamma mia che hai tirato, su quel pallone non potevo proprio nulla". E' il minuto 57 di Roma-Inter, domenica 3 ottobre 2004: punizione dai 25 metri che brilla come un diamante fino a spegnersi nel sette dove poche reti hanno vissuto tali emozioni; violate, nella parte più nascosta.
La maglietta tanto attesa resta nascosta, Francesco non ha voglia di festeggiare, la Roma é sotto 2-3.
E sono 100. Goal; con la stessa maglia, nella stessa squadra, con lo stesso nome: Francesco Totti.
Quattro settembre 1994, Roma-Foggia 1-1, appena 18 anni, per quel ragazzo di Porta Metronia é il primo goal in serie A. Dieci anni, costellati da cucchiai illustri, rigori, punizioni e giocate sontuose. Quel ragazzo é cresciuto, adesso ha 28 anni e un destino segnato dal calcio, nel bene e nel male. Lo sputo a Poulsen, i capricci da samurai con Moreno, le reazioni dettate da un carattere sanguigno e combattivo non cancellano il talento cristallino di un calciatore cresciuto nella Fortitudo, approdato alla Lodigiani e passato poi alla Roma per scriverne il futuro e dettarne i ritmi in un vuoto di successi colmato dallo splendido scudetto del 2001.
Francesco Totti di quella Roma che ha sposato a vita ("nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia", dicono i fatti) é il capitano indiscusso. Il simbolo, che si materializza tutto quando un solo calciatore si carica in groppa un'intera squadra e la porta al massimo traguardo possibile, dovesse anche essere un pareggio. Chiedetelo a Mancini e alla sua Inter.
Boskov lo ha lanciato, Mazzone lo ha coccolato, Carlos Bianchi ha vinto tutto, ma con Francesco ha perso, perchè lo ha snobbato. Poi Zeman, la miccia che ha fatto esplodere il talento; e Capello, la botte piena per la moglie ubriaca, per poi scoprire (una volta passato alla Juventus) che il vino era finito. Nel vuoto legislativo lasciato da Prandelli e Voeller, e che aspetta i dettami di Del Neri, Totti c'é, come sempre.
Magari lassù non ci arriverà mai, a vincere quel pallone d'oro che gli manca come il pane; ma quaggiù ci arriva sempre, simbolo di un'imperfezione che tradotta sta per 'romanità', e che per molti significa dare comunque una dimensione umana al calcio.
Vero signor Bertini? Come si fa a sopportare due 'Vaffa' dopo che lo ha invitato a uscire dal campo per medicarsi; o la simpatica parodia dei passettini per allontanare la barriera dell'Inter? Non c'é malizia, lei lo sa, la Roma perde, e Francesco non ci sta.
Toglietelo dal terreno di gioco e scoprirete degli occhi azzurri timidi, un carattere tenero e introverso, un mondo di sorrisi regalati a più piccoli e scoperti dall'Unicef che ne ha fatto ambasciatore nel mondo. Rimettetelo lì e tutto cambierà%85
Pablo Picasso, il maestro dell'arte sconcertante e sovrabbondante del XX secolo; Alfredo Di Stefano, il profeta di un calcio segnato dal leggendario Real; e ancora Platini per il pallone o Pozzecco per il basket%85 i paragoni (é il caso di dirlo) a volte sono stati sprecati.
Forse perchè Totti é semplicemente Francesco, ragazzo di borgata trasformato in evento mediatico (giochi, internet, tv) e macchina da soldi (pepsi, nike, fiat); qualcosa di più grande della sua semplice voglia di giocare a calcio. "So' Francesco", appunto. Cento goal con la Roma, unico capitano di mille battaglie e di tanti sorrisi...
Nome? "Francesco". Cognome? "Totti". Nato? "Sì".
Pasquale Campopiano
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