Milan, da Liedholm a Mihajlovic: tutti gli esoneri di Berlusconi
Il numero uno rossonero ha nettamente invertito la tendenza rispetto ai suoi primi 28 anni di presidenza. Fino al 2012 erano stati licenziati soltanto quattro allenatori: oltre allo svedese, Tabarez, Zaccheroni e Terim. Negli ultimi tre anni sono stati altrettanti: Allegri, Seedorf, Inzaghi e il serbo. E con Brocchi, il Milan paga contemporaneamente quattro tecnici di prima squadra
Da presidente fedele a bulimico mangia-allenatori. Da due anni a questa parte, Silvio Berlusconi ha nettamente invertito la tendenza nei confronti dei tecnici scelti alla guida del Milan. Se, infatti, fino al 2012, erano stati solo quattro gli allenatori ancora sotto contratto sollevati dall'incarico, negli ultimi due anni il numero uno rossonero ne ha cambiati altrettanti. Un cambio di rotta davvero radicale.
DAL BARONE ALL'IMPERATORE — In principio fu Nils Liedholm. È la stagione 1986-87, quando il Barone viene sostituito da Fabio Capello, ex tecnico della Primavera rossonera, con la quale aveva vinto la Coppa Italia di categoria appena due anni prima. Il cambio in panchina porta gli effetti sperati e il Milan, nelle ultime 6 giornate di campionato sotto la guida del tecnico di Pieris, riesce a conquistare l'accesso alla Coppa Uefa, vincendo lo spareggio con la Sampdoria. Bisogna aspettare quasi 10 anni, poi, per trovare un altro esonero: stavolta, a pagare è Oscar Washington Tabarez, licenziato dopo la sconfitta contro il Piacenza. Al suo posto, torna Arrigo Sacchi, che, però, non riesce ad invertire la tendenza negativa, viene eliminato dalla Champions League alla fase a gironi e conclude il campionato al decimo posto. Nel marzo 2001, l'esonero tocca ad Alberto Zaccheroni: l'allenatore romagnolo viene praticamente licenziato in diretta dopo la sconfitta in Champions League contro il Deportivo La Coruna. "Il sarto distratto può rovinare una buona stoffa", la frase con cui il presidente del Milan lo congeda. Gli subentra la coppia Tassotti-Cesare Maldini, che si toglie la soddisfazione di battere l'Inter 6-0 nel derby e regala ai rossoneri la qualificazione alla successiva Coppa Uefa. Appena otto mesi più tardi, Berlusconi cambia ancora: il 5 novembre, dopo la sconfitta esterna contro il Torino, via Fatih Terim e dentro Carlo Ancelotti. È la svolta: il Milan finisce quarto in campionato, si qualifica per i preliminari di Champions League e si ferma alle semifinali di Coppa Uefa, ma inizia a gettare le fondamenta del ciclo vincente del tecnico di Reggiolo.
GLI ESPERIMENTI FALLITI — Carlo Ancelotti sarà l'ultimo milanista capace di passare con successo dal campo alla panchina. Tutti i tentativi successivi, infatti, verranno fagocitati dai risultati altalenanti e dall'impazienza del presidente. Con un'escalation davvero impressionante. Si parte con Massimiliano Allegri, esonerato nel gennaio 2012 dopo la sconfitta esterna contro il Sassuolo. Al suo posto arriva "l'eletto" Clarence Seedorf, che non demerita (ha tutt'ora la quinta media punti in campionato della storia del Milan di Berlusconi, dopo il primo Capello, Ancelotti, il primo Sacchi e lo stesso Allegri), ma si scontra presto con la squadra e la dirigenza. Così, nonostante due anni di contratto, a fine stagione Berlusconi sostituisce l'olandese con Pippo Inzaghi, "il figlio prediletto". Le cose non cambiano, anzi, se possibile, peggiorano: il suo Milan è troppo poco offensivo e grintoso per i gusti del presidente e, soprattutto, si piazza nono in campionato. Così, l'estate scorsa, altro giro e altra corsa: via Inzaghi e dentro Sinisa Mihajlovic. Il serbo, però, dura poco meno di una stagione. E adesso, con l'arrivo di Brocchi, Berlusconi si ritrova con quattro tecnici di prima squadra sotto contratto: Seedorf, Inzaghi, Mihajlovic e l'ex Primavera. Un vizio, quello di mangiare allenatori, che sta iniziando a costargli parecchio. E non solo in termini di risultati.