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[MotoGP] Phillip Island

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2012 12:29
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28/10/2012 12:29
 
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Vince Stoner, implacabile come al solito nel GP casa

Ma soprattutto Lorenzo si laurea per la seconda volta campione del mondo, complice una caduta di Pedrosa



Martillo Lorenzo serve il bis - Riviviamo la lotta con Pedrosa
Tutta la stagione 2012, gara per gara, che con costanza e concentrazione ha dato il secondo titolo MotoGP a Jorge, il quarto in carriera, contro il fenomenale binomio Honda-Dani. Annata intensa, ma priva di emozioni, con il rimpianto dell'addio di Stoner e l'amara rottura Rossi-Ducati



"Meglio del 2010: non è stato facile tenere sempre così alta la concentrazione per battere un binomio così forte come quello formato da Pedrosa e la Honda. Mi è servita tanta pazienza ad accontentarmi del massimo possibile senza mai strafare: ora mi sento più forte, perché riesco a non sbagliare come facevo in passato". Le parole di Jorge Lorenzo, dopo il GP di Australia che gli ha consegnato la corona iridata, spiegano molto della stagione 2012, vinta dal maiorchino della Yamaha, piegando la resistenza finale di un Pedrosa mai domo, che ha impresionato per la svolta caratteriale e di risultati con cui è riuscito a cambiare la sua immagine: da pilota 'solo' valido, a campione a tratti irresistibile. La stagione ha vissuto di fiammate: iniziata nel segno di Stoner, proseguita in quello di Lorenzo, terminata con il monopolio di Pedrosa. Una lotta aperta fino in fondo, ma povera di spettacolo, con gare troppo spesso monotone, legate a una perfezione di fondo delle moto che è alla base di una mancanza di spettacolo che dovrà beneficiare presto di correttivi tecnici per non impoverire ulteriormente la disciplina.

Lorenzo ha controllato - ma non dominato, tranne che all'inizio - tutta la stagione: in testa al mondiale per ben 17 GP su 18 (sempre tranne dopo Estoril), è stato costretto a dare il meglio di sé in fatto di lucidità e testa, non solo di velocità e polso, quando da agosto in poi Pedrosa è diventato invincibile con la Honda - quasi versione 2013 -, e caricato dal ruolo di prima guida Hrc per la caduta di Stoner a Indianapolis ha inanellato un filotto di successi interrotto solo dai pasticci di Misano. Uno - Lorenzo - può maledire la scellerata rasoiata di Bautista ad Assen - unica "x" di un'annata fatta solo di primi e secondi posti - che non gli ha fatto chiudere i conti in anticipo; l'altro - Pedrosa - ha pagato la tamponata di Barbera a Misano, senza la quale avrebbe davvero potuto coronare la sua fantastica rimonta. Entrambi, anche se hanno beneficiato delle bizze di Stoner, e soprattutto della sua caduta a Indianapolis senza la quale le sorti iridate potevano prendere una piega differente, sono stati degni pretendenti del titolo. Alla fine è stato premiato il pilota più costante, ma soprattutto il più lucido nei momenti decisivi: nel finale di stagione Lorenzo non ha avuto il mezzo migliore, ma ha retto alla pressione; Pedrosa, invece, volava sull'ala dorata della Honda, ma fra Misano e Phillip Island ha pagato un dazio pesante all'emotività.

Due gli addii roboanti, di Stoner alla MotoGP e di Rossi alla Ducati. L'australiano saluta l'ambiente che lo ha resto famoso, vincente e popolare, quel sistema MotoGP che adora per il lato agonistico - scendere in pista dare subito gas al massimo e trionfare - ma di cui non sopporta più gli schemi, i giochi di potere e i falsi rapporti umani, per una scelta di vita. Immaginarlo nella tranquilla, ma monotona, vita familiare nella campagna australiana lascia perplessi, visto il vuoto di talento che lascia in pista. Per Valentino, invece, è stata solo la fine di un amore mai nato, diviso fra il sogno nazionalpopolare di un binomio tricolore di successo e la realtà di un'incompatibiltà tecnica avara di risutati. La chiosa finale, fra rimpalli di responsabilità e frecciate non sedate dalle promesse dell'Audi, nuovo proprietario di Borgo Panigale, è stata solo l'inevitabile conseguenza.

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