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ROMA – La sete di sangue, la serie che morde. Si sprecano le metafore per il ritorno di True Blood, la saga vampiresca giunta alla sua quinta stagione. Anche Perez Hilton, il blogger più seguito dello star system, ha espresso l’entusiasmo per il ritorno della serie con un esplicativo “Oh Mah Goodness”.
La campagna virale fa il resto. La quinta stagione creata e prodotta da Alan Ball e basata sulla serie di romanzi di Charlaine Harris è preceduta da un battage pubblicitario senza precedenti: mini trailer, escalation di poster (uno per ogni personaggio), locandina con tanto di lacrima di sangue. Chi frequenta i vampiri, televisivamente parlando, sa che piangono così, e la tagline sussurra: “Non piangere. E’ tornato”. Basta segnarsi questa data – 10 giugno 2012 – e sintonizzarsi sul canale HBO per riprendere da dove era finita la quarta stagione. Un set d’episodi che ha consacrato True Blood a serie televisiva più seguita dopo i Sopranos su HBO.
La quinta stagione affonda i canini – per restare nella metafora – sul quinto libro di Charlaine Harris, in originale Dead as a Doornail (pubblicato all’estero nel maggio 2006). “Non solo – aggiunge Alan Ball, che abbiamo raggiunto al Comic-Con di San Diego – la nuova serie è un frullato di diversi elementi letterari, toccheremo capitoli dal sesto tomo, poi faremo marcia indietro a mo’ di flashback e così via. Non ci saranno zombie, abbiamo lavorato sodo per estrarre dal cilindro potenti creature mitologiche. Stephen Moyer, Joe Manganiello, Alexander Skarsgårdr si ritroveranno tutti a contendersi Sookie, ma anche a contrastare l’Autorità”.
Nell’attesa, i forum si popolano di domande: “A Tara hanno sparato in testa, riuscirà a sopravvivere?”; “Qualcuno ha liberato Russell Edgington dalla sua prigione di cemento, ma chi?”; “Il misterioso organismo che controlla i vampiri, chiamato l’Autorità, che cos’è e perché sembra tanto determinato?”. Ai fan non è concessa tregua: mentre la stagione 4 esce in home-video (il 29 maggio), appena dieci giorni dopo un filo di sangue tornerà ad unire Sookie Stackouse (interpretata da Anna Paquin), cameriera dotata di telepatia con un debole per vampiri e licantropi, e Tara Thornton (Rutina Wesley), amica del cuore di Sookie, cacciatrice di creature soprannaturali.
A Venezia 2011 Evan Rachel Wood ci aveva parlato di True Blood come di un “karma televisivo”, qualcosa di più di un mero prodotto commerciale: “Interpretare una potente vampira di 500 anni richiede una forte dose di responsabilità. Come se non bastasse, il mio personaggio usa a suo vantaggio l’amore che Sookie prova per Bill Compton, manipola le proprie vittime. Anche se nella quarta stagione non me la passo affatto bene… Prima la bancarotta e la crisi finanziaria che costringe Sophie-Anne Leclerq al matrimonio col re dei vampiri del Mississippi, poi la morte. I corrotti fanno sempre una brutta fine”. Ed Evan Rachel Wood ha forse intenzione di risorgere, sotto sembianze malefiche, in un film horror con l’ex fidanzato Marilyn Manson? “Pensavamo ad uno splatter vecchia maniera, lo abbiamo anche scritto insieme ma no, non è più in ballo”.
La quinta serie è una fucina di novità, e per vecchie glorie che escono di scena, nuovi vampiri entrano in ballo: da Salome, figlia di Re Erode, interpretata dall’italiana Valentina Cervi, a Nora, generata da Godric; da Kibwe, membro del Concilio dell’Autorità, ad Alexander, trasformato in un infante-vamp all’età di nove anni. Dodici episodi, dodici mine: Sookie, Alcide, Lafayette, Terry, Patrick, Sam, Luna, Eric, Pam… Se questi nomi suscitano dubbi, True Blood (che ha già in cantiere la stagione numero sei, ma senza Ball) schiera in testa Christopher Meloni, nel ruolo dell’Autorità dei vampiri (in tv è un volto ultranoto per l’interpretazione dello schizzato Chris Keller in Oz e nei panni del detective Elliot Stabler in Law & Order).
Per quanto trailer e poster abbiano già infiammato le attese, il vero traino della serie tv si chiama Anna Paquin, l’attrice (neozelandese) premio Oscar in attesa del primo figlio e sposata con la co-star di True Blood, Stephen Moyer. “Si parla della mia sessualità come di una malattia - ha dichiarato su Zooey Magazine – una donna può essere una buona moglie e una madre perfetta anche se attratta fisicamente da altre donne, come me. Per certe persone, dichiararsi bisessuali è meno spaventoso dell’ammettere apertamente di essere gay. Ma non è così, essere bisessuali non è una montatura o una direzione che si prende perché si è insicuri sulla decisione del partner. Tanto meno mi sento un’ingorda, o altre sciocchezze che ho sentito dire su questo argomento. Per un bisex, il sesso non è un fattore determinante”.