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Il ritorno di Francesco Nuti

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2010 00:49
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18/11/2010 19:57
 
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Guardando le immagini fa tanta pena. E' un peccato, per me è sempre stato un grande, adoravo la sua comicità. Alcolismo e problemi familiari lo hanno ridotto uno straccio. [SM=x35283]

Unica nota positiva è che sia ancora vivo. Bentornato, Cecco!

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[Modificato da nike23 18/11/2010 19:58]







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18/11/2010 20:26
 
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proprio pochi giorni fa mi ero informato su dove era finito perchè non sapevo che dopo quell'incidente si fosse ridotto così. mi spiace molto [SM=x35283]
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18/11/2010 21:05
 
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Mi vengono le lacrime a vederlo così... [SM=x35309]
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18/11/2010 21:12
 
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oddio... [SM=x35309] [SM=x35308] ..grande...rooomeooo....roomeooo.. [SM=x35309]








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18/11/2010 22:13
 
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Al Festival di Roma il documentario sull'artista malato che da anni non riesce a parlare
FULVIA CAPRARA
ROMA
Nessuno l’ha dimenticato, ma il pudore, spesso colpevole, verso la malattia e il dolore, hanno fatto calare sulla sua storia un silenzio attonito. Gli amici, i colleghi, il pubblico sanno che, dal dicembre 2006, Francesco Nuti sconta una punizione ingiusta, uno di quei castighi che nessuno merita e invece piombano, da un attimo all’altro, buttando all’aria le vite dei più sfortunati. La caduta in casa, l’emorragia cranica, il coma, l’operazione. E poi l’inizio di un’esistenza a metà. Una fatica immensa, divisa con la madre, con il fratello medico Giovanni, con pochi affetti, tra cui il regista Giovanni Veronesi che non ha mai smesso di stargli accanto, ma soprattutto con se stesso. Da quella notte l’autore non parla più: «Ho provato - confessa Giovanni - un sentimento nuovo e forte, il compito di ridare voce a mio fratello. Compito impossibile per il medico. Possibile solo se compreso sul piano generale e simbolico. Sì, perché mi sono accorto che al silenzio di Francesco corrisponde un silenzio più forte. Il silenzio del mondo del cinema e dell’editoria musicale, che forse non si è accorto davvero dell’autore che lui rappresenta, che sembra averlo dimenticato, rimosso, come dicono alcuni, con una rapidità intollerabile».

Tra due settimane, con il documentario di Mario Canale Francesco Nuti... e vengo da lontano, il Festival di Roma riaccende i riflettori sulla parabola dell’artista. Nel programma della rassegna c’è scritto che all’evento parteciperà anche lui, il protagonista, per la prima volta in pubblico dopo l’incidente, anche se chi lo assiste dice che la sua presenza non sarà certa fino all’ultimo minuto.

Quel giorno ad applaudirlo ci saranno tutti, magari in piedi, magari con le lacrime agli occhi, compresi i tanti che lo hanno dimenticato e pure quelli che, negli anni difficili, gli hanno sbattuto la porta in faccia. Nuti non è mai stato un personaggio facile, di quelli che semplicemente si fanno amare da tutti. Aveva i suoi fan, ma anche i suoi detrattori. C’era chi non gli aveva mai perdonato il grande salto dietro la macchina da presa, la tentazione, come scriveva l’ex critico della Stampa Stefano Reggiani nel suo Dizionario del post-divismo, di diventare «un improbabile malincomico internazionale».

E poi l’aria un po’ sbruffona da ragazzo di provincia, il narcisismo dell’attore arrivato, e le donne, tante, tutte bellissime, prese, lasciate, cambiate al ritmo di un girotondo spensierato. Da Clarissa Burt ad Annamaria Malipiero, madre dell’unica figlia Ginevra, passando per le interpreti dei suoi film su cui fiorivano sempre, vere o false che fossero, voci di amori turbolenti.

Dall’inizio degli Anni Ottanta alla metà dei Novanta, Francesco Nuti, nato a Firenze nel ‘55, dal barbiere Renzo detto «il Casanova» e da mamma Anna che in questi ultimi anni se l’è curato come se fosse tornato bimbo, ha vissuto la sua stagione d’oro. Dai primi successi con i Giancattivi all’esordio nel cinema diretto da Maurizio Ponzi in Madonna che silenzio c’è stasera ai film da regista e interprete dove metteva in gioco tutto se stesso, con fortune alterne. Il documentario ricostruisce le cronache dal set, la nascita dei tormentoni e delle gag, la passione per la musica che lo portò sul palcoscenico di Sanremo con il brano Sarà per te. Roberto Benigni, che per lui è sempre stato una specie di fratello maggiore, diceva che era rimasto «monello», e che nei confronti della vita «era generosissimo, la sperperava, era uno scialo».

L’inizio della fine ha una data, 1994, e un nome preciso, Occhiopinocchio, il kolossal prodotto da Cecchi Gori e ispirato all’eroe di Collodi, incappato in una serie nera di difficoltà realizzative, tagliato, rimontato e alla fine stroncato dalla critica. Nuti non regge il colpo, s’infila nel tunnel della rabbia e dell’infelicità, inizia a bere, si confessa in pubblico, convoca disperate conferenze stampa in cui implora un lavoro. Cose proibite, soprattutto quest’ultima, dalle leggi dello show-business che impongono una maschera di benessere perenne. Se non ce la si fa a portarla, meglio eclissarsi piuttosto che far sapere che stai male. Nel documentario, spiegano gli autori Mario Canale e Anna Rosi Morri, «ci sono la sua permalosità e la sua generosità, poi le prime sconfitte e la difficoltà di accettarle, gli errori e le invidie, l’insicurezza e la sfortuna e alla fine il silenzio, che abbiamo voluto rompere, perché Francesco è vivo».











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20/11/2010 03:29
 
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Ma che incidente domestico ha avuto? Io non ne sapevo niente.







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20/11/2010 09:42
 
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È caduto dalle scale








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20/11/2010 09:48
 
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che pena, povero Francesco...
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26/11/2010 00:49
 
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Mi sono imbattuto in questo video. Epico.








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