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Lo sport al femminile

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2012 11:06
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L’atleta? Se è donna è dilettante
di Beatrice Borromeo | 13 maggio 2011Commenti (0)
Più informazioni su: Carolina Kostner, donne, Federica Pellegrini, Francesca Piccinini, Josefa Idem, lavoro, maternità, precari, previdenza, stipendi.

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Federica Pellegrini? Una dilettante, nonostante il suo oro olimpico (prima italiana a portarne a casa uno), i podi ai campionati mondiali di nuoto, e i record ancora imbattuti in più di una specialità. E così la regina del pattinaggio sul ghiaccio, Carolina Kostner: campionessa italiana, mondiale, olimpica. E ancora la pallavolista Francesca Piccinini, Josefa Idem (alla sua ottava olimpiade nel Kayak), la tennista Flavia Pennetta, la calciatrice della Nazionale femminile Patrizia Panico.

Se è donna, è dilettante: tutte atlete che sono un orgoglio nazionale, di cui l’Italia si vanta all’estero, ma con ben pochi diritti sanciti dalla legge. E se loro non hanno la qualifica di professioniste, ma hanno sponsor e redditi all’altezza del talento, c’è un esercito di sportive sconosciute, senza diritti e senza soldi. Una discriminazione non da poco, se si considera che in Italia ci sono 7 milioni di tesserati con le federazioni sportive nazionali, e che lo sport è il terzo aggregato industriale di questo Paese: costituisce il 3 per cento del Pil. “Per questo l’Italia dei Valori vuole proporre un disegno di legge per eliminare le disuguaglianze”, spiega Luisa Rizzitelli, responsabile nazionale per lo sport dell’Idv, ex pallavolista che si occupa oggi di Pari opportunità.

Solo i maschi. Sono solo sei, in Italia, le discipline qualificate come “professionistiche”: il calcio (serie A, B, C1, C2), la pallacanestro (seria A1 e A2), il ciclismo su strada, il motociclismo, la boxe e il golf. Con un piccolo particolare: sono professionisti solo gli uomini. Tutte le colleghe, infatti, non hanno nessun diritto: lo stabilisce la legge 91 del 1981, che delega la regolamentazione delle attività sportive a titolo oneroso e con carattere di continuità (cioè chi è atleta per lavoro) alle federazioni sportive nazionali. Le quali non tutelano affatto l’altra metà del cielo, che vive di sola passione ed esigui rimborsi spese (stipendi di fatto), oltre che di scritture private che, per dirne una, prevedono di norma il licenziamento in tronco nel caso l’atleta rimanga incinta.

Casi che non si limitano a sportive alle prime armi: per esempio una delle più quotate campionesse di pallacanestro italiane, Adriana Moises Pinto, si è vista risolvere il contratto appena annunciata la maternità. La società Pallacanestro Faenza ha persino minacciato di citarla per danni.

E se su questo aspetto c’è almeno una proposta di legge presentata alla Camera dalla deputata Pdl Manuela di Centa, che vorrebbe stanziare 5 milioni di euro all’anno per sostenere le sportive durante la gravidanza (ma solo quelle che giocano in Nazionale), ciò che manca è una legge quadro che affronti l’insieme dei problemi. Per avere almeno una tutela base infatti molte atlete si arruolano nelle Fiamme Gialle, che insieme ai Vigili del Fuoco, alla Polizia e alle Forze armate possono assumere direttamente sportivi di interesse nazionale.

Mai mamme. Chi sceglie lo sport come professione non deve rinunciare solo a essere madre: non avrà diritto a una pensione, niente contratti collettivi, zero tfr, nessuna assistenza sanitaria. Né tanto meno alcuna forma di assicurazione per la vecchiaia, l’invalidità o il decesso.

E per chi volesse accantonare un po’ di soldi affidandosi esclusivamente al proprio talento, la fregatura è comunque in agguato: i montepremi per le donne sono sempre inferiori a quelli maschili. Qualche volta addirittura la metà. Nonostante lo Statuto della federazione Atletica vieti i montepremi diversi, nella prassi avviene. Prendiamo la maratona del Piceno: 42 chilometri di gara, stessa quota d’iscrizione per uomini e donne, stessa fatica. Però i vincitori maschi vengono premiati fino al nono classificato, mentre le colleghe solo fino al quarto posto.

I montepremi. E soprattutto sono diversi i montepremi: 1.500 euro per il primo classificato. 1.200 per il secondo, 1.000 per il terzo sul podio. Mentre le donne partono dai mille euro per la medaglia d’oro, 700 per l’argento e 500 per il bronzo. E ancora, come ha raccontato la campionessa di ciclismo su pista Vera Carraro: “L’oro dei mondiali valeva 20 mila euro contro gli 80 mila della gara maschile”. Un quarto.

“Siamo messe peggio di colf e badanti”, dice al Fatto Josefa Idem, campionessa di Kayak che ha rappresentato per due volte la Germania (suo Paese natale) alle Olimpiadi, e cinque volte l’Italia. “Dal 1990 sono italiana a tutti gli effetti e subisco le vostre leggi: se ottengo il risultato mi pagano, altrimenti nulla. Ho avuto il raffreddore per due settimane e basta questo per rallentare i miei allenamenti e mettermi in difficoltà visto che, se mi ammalo, non mi tutela nessuno”. La giornata di Josefa comincia alle 7 del mattino: si sveglia e porta i figli a scuola. Si allena fino all’una meno un quarto. Poi altre tre ore il pomeriggio. “Mi considero una lavoratrice autonoma – spiega – ho la mia società e guadagno grazie agli sponsor. Quando guardate le Olimpiadi e tifate per la medaglia d’oro all’Italia sappiate che, spente le telecamere, torniamo a essere precarie a cui vengono stracciati i contratti se rimaniamo incinte”.



In un momento così di "aggregazione" sportiva, in cui ci ritroviamo tutti a seguire le gesta della Di Francisca, Pellegrini, Forciniti etc. leggevo quest'articolo e mi ritrovavo a riflettere su questa cosa, come spesso mi accade...Voi cosa ne pensate?








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31/07/2012 00:07
 
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...... [SM=x35366] [SM=x35363] [SM=x35277]










[SM=x35329]
[Modificato da simonss 31/07/2012 00:07]









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31/07/2012 00:54
 
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Inferiori per natura

xD







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▼dn ǝpıs sıɥʇ▼
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31/07/2012 00:58
 
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ma la differenza vera tra il professionismo e il dilettantismo (dove cmq girano soldi attraverso i rimborsi) dove sta? nella lunghezza del contratto e nelle tutele che riceve il giocatore?

in fin dei conti, calcio e basket non sono a Londra, golf e motociclismo non sono discipline olimpiche, la boxe olimpica è quella dilettantistica, quindi gli unici atleti professionisti sui 250 circa italiani alle olimpiadi sono solo i 4 del ciclismo su strada
a parte Nibali e soci, tutti gli altri sono sulla stessa barca "contrattuale", uomini e donne che siano

a me sembra che il discorso verta soprattutto sui premi e sulla questione maternità, che per le sportive è solo la punta dell'iceberg della situazione italiana generale dove l'arrivo di un bimbo è spesso fonte di problemi lavorativi

i premi invece da cosa dipendono? non credo dall'attenzione mediatica che ricevono
una differenza tale nei premi olimpici è veramente ingiustificata, se è davvero così [SM=x35366]










Firma fatta da Jorginha, a me piace ma lei non ci vuole credere.


http://img460.imageshack.us/img460/1156/154019hakke5radioheadnq6.jpg
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31/07/2012 10:08
 
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Io penso alla busta a Bradipo.










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31/07/2012 11:06
 
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ci vorrebbe parità di premi e contratti sicuro.è uno schifo che 1 donna prenda la merà di premio.








id ps4 Svag3llo
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